Open innovation, l’esperienza di Techboard Group con un’attenzione per il biomedicale

Un’azienda specializzata da decenni nella progettazione e produzione di schede elettroniche che oggi guarda con interesse al biomedicale, dopo aver dato vita a un vero esempio di open innovation. E’ Techboard Group di Modena che da quasi due anni ospita E-HUB, un incubatore totalmente privato, all’interno del quale sono presenti molte start up che impiegano complessivamente un centinaio di neolaureati.

Con Fabio Malagoli, CEO dell’azienda, abbiamo parlato di competenze trasversali, specializzazione e innovazione.

Qual è la storia di Techboard Group?

L’azienda è nata nel 1979, io l’ho rilevata nel 1996 quando realizzava circuiti stampati. Da allora l’evoluzione del settore è stata rapidissima. Nel 2000 sono andato per la prima volta in Cina e ho capito che quel tipo di attività non era più fattibile in Europa per una serie di motivazioni fra cui la necessità di manodopera specializzata disponibile a fare turni in galvanica di notte, al sabato e alla domenica. Abbiamo così iniziato un percorso di trasformazione che ci ha portato a inserire all’interno dello staff tecnici, ingegneri e progettisti e a passare progressivamente alla produzione di schede elettroniche, per diversi settori. Ora l’azienda è strutturata su più divisioni. 

Questo cosa ha comportato dal punto di vista organizzativo?

Nella realizzazione di una scheda elettronica c’è valore aggiunto e know how perché si parte da una progettazione, poi c’è la costruzione dello stampato, l’assemblaggio e lo sviluppo di firmare e software. Questo è quello che facciamo per terzi e per le nostre divisioni, in particolare quella della security che realizza apparecchiature per la video sorveglianza. Abbiamo anche altri prodotti sempre legati al mondo della visione, ma in ambito industriale quindi sistemi utili alla gestione delle linee produttive. Un’altra divisione si occupa di assistenza nell’ambito della silver economy: abbiamo preparato un prodotto che è già pronto e che presenteremo nei prossimi giorni. Poi un’altra area si occupa di diverse tipologie di prodotti, fra cui macchine del caffè con un contenuto elettronico importante ed un sistema anti calcare non chimico.

Come nasce l’idea dell’incubatore?

Nasce alla fine del 2019 dalla necessità di doverci portare in casa competenze che non riuscivamo a trovare sul mercato perchè venivano puntualmente intercettate da brand molto più interessanti del nostro. Siamo stati agevolati in questo caso dal COVID perché tutte le strutture pubbliche hanno chiuso. Noi invece ci siamo resi disponibili ad accogliere chi aveva necessità di trovare un’ambiente per sviluppare la propria idea e per fare network. Questi ragazzi si sono trovati bene perchè abbiamo capito le loro esigenze, aiutandoli a inserirsi in un sistema fatto di clienti, fornitori, linee produttive, laboratori e creando occasioni di collaborazione con i nostri colleghi. 

Tutto questo senza finanziamenti pubblici?

Non li abbiamo chiesti e non ce li hanno dati. Non li chiederemo e non ce li daranno. La soddisfazione sta nel fatto di riuscire a creare sinergie. Comincia ad essere frequente che alcune di queste start up nei momenti di stand-by nel loro percorso, magari nell’attesa si di una certificazione o di un componente, mettano a disposizione le loro competenze per altri progetti di Techboard Group. In questi casi noi commissioniamo lavori specifici che vengono svolti bene e questo ci permette di soddisfare un cliente in più.

Perchè oggi la vostra azienda punta anche sul biomedicale?

Ci riamo rapportati con alcuni clienti che lavorano nella produzione di macchine per il medicale e ci siamo resi conto che tante tecnologie erano a noi già note e disponibili. Grazie al nostro incubatore siamo entrati in contatto con il Tecnopolo “Mario Veronesi” tramite la Fondazione Democenter e siamo stati ben accolti da questa struttura con cui abbiamo iniziato a condividere conoscenze ed esperienze. Le aziende che producono appartati medicali sono soggette ad una regolamentazione specifica ma molti dei nostri concorrenti produttori di elettronica sono ancora legati ad un mondo che non è più attuale. Sono spesso bravi dal punto di vista pratico ma restii ad aggiornarsi in questo settore. Noi abbiamo le competenze per farlo.

In cosa si differenziano le richieste che arrivano dal biomedicale rispetto agli altri settori a cui vi rivolgete?

Sono molte. Entro la fine dell’anno ci sarà la creazione di un laboratorio di pre-accompliance che ci permetterà di sviluppare il prodotto e di fare una prima valutazione che, pur non valendo per l’ente certificatore, permette di dire se stai facendo le cose come si deve e di sistemare tutti i dettagli per poi andare  richiedere la certificazione “a colpo sicuro”. Significa ridurre di 6 mesi su 12 il time to market, dimezzando così i costi per il cliente. Da noi il progettista fa una rampa di scale, scende in laboratorio, controlla, corregge il progetto e rifà il test. Affianco a questo c’è un altro aspetto importante per il settore che è la necessità del fascicolo tecnico ovvero l’insieme di tutte le norme, i regolamenti e le certificazioni che deve essere creato, mantenuto e aggiornato per ogni prodotto. Noi possiamo prenderci in carico tutta la produzione elettronica partendo dal fascicolo tecnico per arrivare al prodotto finito e per le aziende avere un unico interlocutore significa commissionare un prodotto a un partner in grado di guidarti e di porti degli interrogativi fin dall’inizio del percorso. Si tratta di un valore aggiunto importante e recentemente abbiamo anche acquisito la certificazione di qualità ISO 13485, indispensabile per poter progettare e costruire soluzioni elettroniche per il biomedicale.

La collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia come si concretizza?

La maggior parte delle aziende e delle start up che sono presenti qua sono spin off dell’università o sono iniziative in qualche modo guidate da docenti dell’Ateneo. Con loro il rapporto è ottimo e quotidiano. Abbiamo anche creato una borsa di studio qualche mese fa, rivolta ad un ingegnere elettronico che potesse dedicarsi allo sviluppo di apparati elettronici e centraline elettroniche legate al mondo dell’idrogeno. Nel mondo del medicale stiamo portando avanti alcuni progetti nati anche dalla collaborazione con una start up che si chiama VST. Inoltre sosteniamo il team del MoRe Modena Racing nelle loro competizioni automobilistiche, legate all’utilizzo di motori ibridi, elettrici e con guida autonoma.

Cosa significa per Techboard fare innovazione?

Significa saper ascoltare il mercato per intercettare le nuove opportunità, distinguendo fra ciò che può essere realizzato e quello che resta pura fantasia perchè non tutte le idee che possono essere messe davvero a terra. Credo che per fare innovazione oggi si debba avere una visione chiara su quello che accadrà domani. La grande innovazione è astratta e accademica, difficilmente può essere fatta da aziende delle nostre dimensioni. Le innovazioni “pratiche” invece si possono fare, mettendo insieme idee e competenze. Questo forse è uno dei nostri maggiori pregi: riusciamo a condividere conoscenze e competenze per far sì che un’attività che sta portando avanti una start-up in modo interessante possa essere utile anche ad un’altra. Per esempio una tecnologia installata sulla Dallara che corre ad Indianapolis, con qualche piccolo cambiamento, sta per essere utilizzata anche su alcuni droni di nostri clienti in Brasile. Non si parte mai da zero ma da una base importante per poi cercare di arrivare prima di altri sul mercato.