Sul futuro di molti produttori di dispositivi medici pesa l’incognita del payback e la scadenza del 30 giugno potrebbe mettere in difficoltà le aziende prive di liquidità adeguata a coprire le richieste finanziarie derivanti da questo meccanismo. Sono oltre 1.400 le aziende e 190.000 i posti di lavoro che potrebbero essere a rischio a seguito della congiuntura non favorevole e della richiesta di Payback per dispositivi medici. E’ quanto si apprende dallo Studio Nomisma “L’impatto del payback sulle imprese della filiera dei dispositivi medici”, commissionato da PMI Sanità e da FIFO Sanità Confcommercio. Lo Studio ha interessato 4.000 società della filiera dei dispositivi medici attive in tutta Italia. Ne abbiamo parlato con la senatrice Daniela Sbrollini, vicepresidente della Commissione Sanità del Senato, a cui abbiamo chiesto se la Commissione si è interessata al problema e in che modo. “Il payback, sia quello per i dispositivi sia quello farmaceutico, è un meccanismo introdotto in un contesto di crisi, che oggi deve essere affrontato in maniera strutturale. Il meccanismo – spiega la senatrice – era incentrato sul controllo della spesa e rispondeva a logiche di sostenibilità del sistema sanitario nazionale e regionale. Oggi deve essere rivisto trovando il giusto equilibrio tra esigenze delle imprese e le politiche di sostenibilità da parte delle regioni, il tutto senza penalizzare i pazienti e i medici...
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