PMI Sanità: “Il payback è insostenibile e inapplicabile”

Un vaso di Pandora appena scoperchiato che mette in ginocchio oltre 4.000 aziende di dispositivi medici per più di 111.000 lavoratori  assieme all’intero sistema di assistenza pubblica. Così la neonata associazione imprenditoriale PMI Sanità definisce il meccanismo del payback che obbliga le aziende del comparto a rimborsare il 50% delle spese per dispositivi medici effettuate in eccesso dalle Regioni dal 2015 al 2018.

Abbiamo intervistato Gennaro Broya de Lucia, imprenditore del settore e presidente dell’associazione.

La norma sul payback è del 2015 ma è rimasta inapplicata fino ad oggi. Da dove nasce questa situazione?
Il payback nasce, probabilmente, da una grave ignoranza del settore dei dispositivi medici su cui impatta. Ignoranza che ha favorito l’estensione di una norma già mal studiata per recuperare valore dalle big pharma, vista l’enorme quantità di sprechi mai regolata nel settore dei farmaci. L’Italia paga prezzi fra i più bassi d’Europa per acquistare dispositivi di alta qualità, dispositivi che in Spagna arrivano a costare tre volte tanto ed in Francia almeno il doppio. Questa ignoranza poi si estende anche all’applicazione della norma che impone pagamenti e costi alle società superiori ai guadagni stessi effettuati ed in alcuni casi, addirittura, superiore all’intero valore della società. Se non per ignoranza, poi, la triste alternativa sulla genesi del payback sarebbe invece considerarlo uno strumento pensato per eliminare un’intera categoria di imprese italiane per favorire aziende estere multinazionali e spostare, attraverso la crisi di approvvigionamento dei pubblici ospedali, grandi masse di cittadini verso le cure erogate da strutture private convenzionate. 

 

Avete stimato quale potrà essere l’effetto di questo provvedimento sul settore?
Al fine di oggettivare il più possibile queste evidenze, PMI Sanità ha commissionato al rinomato centro studi NOMISMA uno studio sul payback dispositivi medici. Lo studio verrà presto condiviso integralmente con la stampa e gli organi di governo ma i dati preliminari sono stati oggetto di discussione pubblica già lo scorso 13 aprile durante le audizioni a commissioni riunite finanze e affari sociali. Lo studio evidenzia l’insostenibilità e l’inapplicabilità della norma se non a costo di sacrificare oltre 3000 aziende italiane micro, piccole e medie per un impatto su oltre 180.000 posti di lavoro. Considerati gli ammortizzatori sociali, il mancato gettito fiscale, la perdita di ricchezza generale sarebbe superiore al tentativo di extra imposizione rendendo inutilmente ed unicamente dannosa la misura che, in sintesi, fa fallire aziende sane già tra le più tassate d’Italia e dove non esiste sommerso visto che i loro principali rapporti sono con pubbliche amministrazioni. Crea un problema occupazionale enorme con la perdita immediata di oltre 100.000 posti di lavoro, crea enormi problemi di disponibilità di quei “pezzi di ricambio del corpo umano” come stent, protesi, valvole cardiache, per i pubblici ospedali rendendo così impossibili le cure gratuite di emergenza per milioni di italiani.

 

Dopo la vostra manifestazione a Roma di due settimane fa si è aperto un dialogo con il Governo?
Il dialogo con il Governo risulta essere molto limitato. Oltre l’interessamento temporaneo dell’Onorevole Lucaselli, l’unico dialogo continua con l’Onorevole Ciocchetti di Fratelli d’Italia. Ad oggi non abbiamo avuto nessun segnale concreto né dal MEF né dalla Presidenza del Consiglio sulla reale volontà di rimediare a questo palese errore normativo. Stiamo gridando l’allarme ma molti, stampa in primis, si girano dall’altro lato. Un piccolo gruppo si è anche posizionato fuori dal MEF per sollecitare la risposta alla Pec con cui la nostra associazione ha richiesto incontro urgente con il Ministro Giorgetti. Una delle principali attività che produce salute e lavoro in Italia è da mesi senza un futuro certo con scadenze che si rincorrono nel silenzio dei tribunali amministrativi regionali, che avrebbero il dovere di tutelare la corretta applicazione del diritto e della giustizia. 

 

Come suggerite di affrontare il problema delle risorse per il futuro?
Questa norma distrugge ricchezza, lavoro, salute, diritto. I cardini della nostra Costituzione. L’Italia ha raggiunto una spesa di 1086 miliardi nel 2023. I 5 miliardi del payback sono lo 0,3% e sono, casualmente, equivalenti ai maggiori costi sostenuti dalle regioni per gestire l’emergenza e che il governo Renzi-Draghi non solo non ha versato ma ha anche trasformato tutto questo in una difficile situazione politica per il governo entrante. L’Italia ha la possibilità di attivare la global minimum tax del 15% sulle multinazionali che spostano, spesso, gli utili verso paesi a più bassa imposizione lasciando al nostro fisco un misero 2-3% ‘standard’ che riguarda tutti i settori e gli stati europei membri che hanno il dovere di attivarla entro il 31 dicembre 2023. Per l’Italia significherebbero entrate più che legittime e senza contenzioni per oltre 3 miliardi l’anno, altro che l’impossibile payback. I dispositivi medici rappresentano solo il 5-6% della spesa sanitaria, ma sono indispensabili per ogni tipo di cura ed atto chirurgico. Costano già la metà della media europea, forse varrebbe la pena di lavorare sul restante 95% della spesa se davvero si vuole migliorare il sistema.

 

Quante aziende coinvolge la vostra nuova associazione? Vi rivolgete all’intero settore o a un segmento specifico?
Pmi Sanità è stata fondata soltanto 4 mesi fa, ma ha raccolto oltre 120 aziende del settore che occupano circa 7000 addetti e sono coinvolte nelle cure di almeno 10.000.000 di italiani ogni anno. È una associazione che, a differenza di altre, ha al suo interno soltanto aziende vittime del payback dispositivi medici, pertanto possiamo affermare che su questo triste tema è sicuramente la più rappresentativa d’Italia. In Confindustria dispositivi medici che raccolgono principalmente le filiali in Italia dei gruppi industriali esteri, ad esempio, ci sono società farmaceutiche, di servizi e di macchinari che sono per nulla, o solo marginalmente, toccate dal problema e che anzi riceveranno anche incentivi dal PNRR. Per noi è paradossale che il governo si confronti con loro. Le PMI che rappresentiamo, invece, hanno il loro intero ciclo economico in Italia e nessuna possibilità di sopravvivere ad una follia normativa come questa.

 

Quali saranno le vostre prossime azioni?
Abbiamo di recente scoperto che i programmi automatici utilizzati a settembre dalle Regioni, per la rendicontazione di questi sforamenti, hanno fornito un quadro sbagliato considerando nelle liste oltre il 30% di materiali in più del reale. Che i conti fossero anche sbagliati ne sono pieni gli oltre 2000 ricorsi al TAR, ma che molte Regioni hanno poi rifatto manualmente i conteggi inviando a novembre delle cifre ben più basse è la clamorosa scoperta di questi giorni. Queste nuove informazioni potrebbero aprire scenari ben più complessi di quelli già estremamente articolati presentati al giudice amministrativo.