Economia italiana fra favole e realtà

La comunicazione quotidiana della maggioranza di governo non si limita ad evidenziare alcuni buoni risultati ottenuti, ma si attribuisce esclusivamente dei meriti trascurando il contesto, che rimane negativo e non viene affrontato con una politica industriale ed economica degna di questo nome.

 

Nessuna considerazione per l’importanza del Biomedicale.

 

Non mi voglio ripetere ma tutti i provvedimenti del Governo che hanno interessato il settore biomedicale, lo hanno danneggiato. L’evidente doppiezza di politici che, mentre fanno discorsi che sottolineano l’importanza dell’Innovazione per migliorare la Sanità approvano provvedimenti come il payback, ancorché ridotto, e la tassa sul fatturato dello 0,75%, testimonia, a mio modesto parere, la mediocrità di questa classe dirigente.

A livello regionale poi le Aziende ci segnalano che sono ancora troppi quei capitolati “copia e incolla” per le gare riguardanti i dispositivi medici.

La comunicazione governativa in materia economica nasconde il reale andamento delle cose enfatizzando meriti, tutti da verificare, sugli indicatori che migliorano.

Non metto in discussione quei meriti, quando ci sono veramente, ma consiglierei un po’ di umiltà perché, se facciamo un paragone con una partita di calcio, sbandierare un bellissimo goal segnato, tralasciando di ricordare che siamo sotto 3 a 1, non mi sembra né professionale né serio.

 

Faccio alcuni esempi.

 

Il Governo ha ottenuto alcuni risultati importanti sul piano internazionale.

 

La Presidente Meloni è stata molto abile a mantenere un buon rapporto personale con Trump ed è riuscita a farlo senza che ciò costituisse un problema per gli altri governanti europei e quindi senza disunire l’Unione. Ma quali sono stati i vantaggi per il nostro Paese? Al momento nessuno perché i dazi li tratta l’Europa per tutti i Paesi aderenti e le esportazioni italiane negli USA hanno iniziato a subirne le conseguenze.

 

Il costo del debito pubblico si è ridotto. 

 

Lo spread fra i Btp e i Bund tedeschi è sceso attorno agli 85 punti rispetto ai 150 o 200 del primo anno del governo Meloni, confermando la maggiore affidabilità della nostra politica di bilancio.

Ma il problema della mancanza di crescita economica è molto più grave del costo del debito e non è stato affrontato in modo efficace. Negli ultimi mesi le prospettive di crescita sono peggiorate ovunque in Europa, ma il rallentamento è stato leggermente peggiore in Italia che nella media dei Paesi dell’Unione. Le recenti previsioni del Fondo monetario internazionale indicano per l’Italia, una crescita dello 0,5% quest’anno e dello 0,8% l’anno prossimo, contro 1 e 1,2 nella media dell’Eurozona.

 

Il governo riesce a sfavorire la crescita, se non proprio ad ostacolarla. 

 

Non crediamo che lo faccia per scelta, ma per incapacità. Prendiamo ad esempio le nuove norme adottate per aiutare gli investimenti delle imprese come Industria 5.0. Sono fatte in modo tale per cui si stima che, a fine anno, sui 6,3 miliardi messi a disposizione dalla legge di Bilancio, solo 2,8 verranno prenotati dalle aziende. E anche questo obiettivo pare ottimista dato che a fine giugno ne erano stati prenotati non più di 600 milioni.

Un mercato più libero e con più concorrenza è indispensabile per la crescita economica ma sembra che al governo non piaccia. La legge annuale sulla Concorrenza 2025, che è uno degli impegni del Pnrr, ha cominciato il suo iter parlamentare, ma dopo la revisione degli obiettivi e delle condizioni del piano, che Fitto e Meloni hanno negoziato con Bruxelles, quel disegno di legge adesso contiene veramente poco.

Anche sul fronte delle prossime nomine importanti, come la presidenza della Consob, l’Autorità che vigila sui mercati finanziari, la presidenza di Arera, l’agenzia che regola e controlla energia elettrica, gas, servizi idrici e il ciclo dei rifiuti, prevediamo che si ripeterà il solito balletto di candidati politici in cerca di occupazione. Il legittimo timore del mondo produttivo è che, ancora una volta, le nomine terranno conto più dell’appartenenza politica che della capacità di svolgere ruoli cruciali per il funzionamento dell’economia.

 

In alcuni casi siamo al ridicolo

 

In Italia poche migliaia di privilegiati, che dichiarano redditi medi incredibilmente modesti come ad esempio tassisti e balneari, continuano ad ottenere la protezione dei loro interessi particolari dalla maggioranza di governo. Questa “protezione” provoca danni all’interesse generale, al libero mercato ed alla concorrenza, oltre che alla reputazione del nostro Paese. Come possiamo essere credibili ed autorevoli se approviamo regole che poi non applichiamo? Queste sono le tipiche doppiezze dell’Italietta che giustificano l’inaffidabilità di una classe dirigente, a mio modesto parere mediocre ed inadeguata. I pregiudizi con cui devono misurarsi gli Italiani nel mondo, purtroppo, non sono infondati.

Le favole e la realtà

Il nostro Governo ha ottenuto qualche risultato positivo. Bene. Ma la propaganda politica racconta che questi piccoli miglioramenti sono i primi segnali di una tendenza stabile. Queste sono le Favole.

La realtà è che la produttività italiana dei fattori è sostanzialmente ferma agli anni Settanta del Novecento e che, in questi tre anni di governo, non è stato affrontato nessuno dei nodi strutturali che hanno determinato questo “Problema Italiano”.

Ma quali sono questi nodi strutturali?

  1. Il cattivo funzionamento dei mercati ed in particolare la scarsa concorrenzialità;
  2. La scarsa qualità media dei fattori produttivi ed in particolare del lavoro;
  3. La scarsa qualità e la modesta efficienza dei servizi pubblici.

Nel periodo 2000 – 2019 la produttività totale dei fattori in Italia è calata dello 0,16% e quella del lavoro è cresciuta dello 0,16% a fronte della media dell’Area Euro rispettivamente cresciuta dello 0,49% e dello 0,86%.

In pratica in vent’anni abbiamo perso lo 0,32% di produttività totale e lo 0,70% di produttività del lavoro rispetto alla media dei Paesi che adottano la nostra stessa moneta.

Dobbiamo migliorare, coscienti del fatto che i risultati possono arrivare solo nel medio periodo se vengono adottate politiche economiche coerenti.

Non abbiamo visto nulla di tutto questo negli ultimi tre anni e non lo vediamo neppure nel confronto politico quotidiano. Questa è la Realtà.

 

Editoriale di Alberto Nicolini