Payback, Colaci (Confapi Salute): dopo la sentenza un nuovo tavolo tecnico con il Ministero

“Ci aspettavamo purtroppo questa sentenza. Siamo già stati convocati per un nuovo tavolo tecnico per il 15 maggio, abbiamo sollecitato noi questo incontro in seguito alla decisione del TAR. Temiamo che le Regioni chiedano immediatamente il pagamento che era stato sospeso. Al Ministero ribadiremo la nostra posizione: richiederemo di sospendere immediatamente gli effetti della sentenza del Tar e di dare seguito a quanto era stato detto nel primo tavolo tecnico”. Commenta così la sentenza del Tar del Lazio, che ha rigettato i ricorsi dei produttori di dispositivi medici contro il meccanismo del payback, Michele Colaci, presidente di Confapi Salute, Università e Ricerca che abbiamo intervistato.

Colaci, che cosa era emerso dal primo tavolo tecnico al MEF?
C’era stato un dialogo. Il Ministro aveva recepito il fatto che per il periodo dal 2015 al 2018 doveva trattarsi di un prelievo una tantum, un contributo di solidarietà. Ci eravamo dichiarati disponibili, come imprese del settore, a mettere sul piatto 1 milione di euro a chiusura totale del contenzioso a patto che venisse abrogata la norma. Il Ministro, dopo aver confermato la natura iniqua del provvedimento, aveva condiviso che le risorse successive al 2019 non dovevano più essere recuperate dalle imprese. Si tratta di un’imposta scorretta e paradossale. Il problema è che questa tassa ricade sulle aziende ma la situazione è stata provocata dalle Regioni che hanno superato i tetti di spesa. È inconcepibile. E’ un problema di serietà e di competitività. Bisogna chiudere questa vicenda il prima possibile.

Quante realtà rappresenta la vostra unione di categoria? È interessante che sia proprio il mondo della piccola e media impresa a mettere insieme salute, università e ricerca…
Rappresentiamo circa 500 realtà. Abbiamo ambulatori, studi medici, poliambulatori e aziende che vanno dalla meccanica sanitaria, all’abbigliamento sanitario, agli ausili e poi anche il mondo della ricerca legato alle università. Il nostro obiettivo è sempre quello di mettere in connessione chi fa ricerca, chi produce, chi commercializza.

Di cosa avrebbero più bisogno le piccole e medie imprese del settore per essere competitive, sia in Italia che all’estero?
Avrebbero bisogno di certezze. Le aziende il loro mestiere lo sanno fare molto bene. Quello che non va bene è l’incertezza: quello che vale oggi non è detto che valga domani. Fare programmazione, ricerca e sviluppo è davvero difficile in queste condizioni. Chi fa ricerca, chi inventa nuove attrezzature o nuovi programmi di lavoro, porta benefici reali alla sanità e alla qualità dei servizi. Noi vogliamo andare avanti su questa strada. Non vogliamo combattere contro le istituzioni, ma spesso succede che ci si impegna e poi quegli impegni non vengono mantenuti. E questo, per noi, è un problema. Così come è un problema anche la gestione delle risorse. Si parla sempre di mancanza di risorse, ma bisognerebbe parlare anche di come vengono gestite. Non ci piace buttare l’acqua sporca col bambino: quello che funziona va valorizzato. Però servirebbe anche intervenire sugli sprechi. E invece, quando si parla di sprechi, sembra che nessuno voglia sentirci da quell’orecchio.

Questo tema si lega anche all’impostazione degli appalti. Avete fatto richieste specifiche su questo fronte?
Sì, chiediamo sempre che una parte degli appalti venga riservata alle piccole imprese che sono il tessuto sano di questo settore. Poi tornando sul tema del Payback e quindi della spesa pubblica, abbiamo fatto una proposta concreta al Ministero, quella di “globalizzare” i magazzini. Non è possibile che un dispositivo medico manchi, per esempio, nelle Marche, mentre in Friuli ce ne siano troppi e che non si riesca a re-distribuirli. Questo è uno degli esempi che facciamo spesso in un’ottica di risparmio e di funzionalità. Ma sembra che non venga ben recepito. Inoltre dobbiamo difendere le piccole e medie imprese dalle aggressioni di soggetti molto grandi che oggi vogliono “conquistare” e che domani potrebbero poi regolare il mercato a modo loro. Ci sono aziende con decenni di esperienza che con il Decreto Concorrenza rischiano di sparire. Le piccole-medie imprese potrebbero non riuscire più a reggere il confronto con le multinazionali.

Qual è il problema più urgente oggi?
Il vero problema è che con il Payback non si riesce più a investire né ad assumere. E questo riguarda grandi e piccoli, è inutile fare una battaglia fra noi su questo, bisogna difendere l’intero settore. Il rischio è che si investa altrove, fuori dall’Italia. Se la questione venisse risolta, io credo che le imprese tornerebbero a investire. Se invece dovessero chiudere le nostre imprese a chi si rivolgerebbero gli ospedali italiani? A fornitori stranieri scelti solo con la logica del miglior prezzo? La qualità dovrebbe essere il nostro punto fermo e non dovrebbe essere in balìa della concorrenza economica perché alla fine chi ci rimette è sempre il paziente.