Il Professor Rolando Pini: “La sentenza del TAR del Lazio sul payback? E’ probabile una pioggia di ricorsi”

Il Tar Lazio ha accolto le istanze cautelari di alcune aziende produttrici di dispositivi medici che hanno chiesto l’annullamento delle disposizioni ministeriali sulle quote payback dovute alle rispettive Regioni. Di fatto, fino a che non ci sarà una decisione nel merito, spiega l’ordinanza cautelare del Tar, le 17 aziende che hanno fatto ricorso ai Tar non devono rimborsare le regioni. La sentenza definitiva potrebbe arrivare entro la fine dell’anno, l’udienza “pilota” di trattazione è stata fissata al 24/10 p.v. Ne abbiamo parlato con l’avvocato modenese Rolando Pini, Professore Ordinario di Diritto Pubblico nell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna oltre che di Diritto Amministrativo nella stessa Università. In precedenza, è stato docente nell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ha pubblicato numerosi lavori scientifici, ha organizzato seminari e convegni sui principali temi del diritto pubblico e del diritto amministrativo e ha diretto importanti ricerche finanziate dal Consiglio Nazionale delle ricerche.

Che significato ha la sospensiva del TAR del Lazio?

“Occorre fare una premessa: il contesto è il tentativo del governo, poi ratificato dal Parlamento con la legge di conversione numero 56 del 2023, di chiudere questo sterminato contenzioso riguardante circa duemila ricorsi. La richiesta è che se le aziende pagano il 48% delle somme indicate come payback, si chiude il contenzioso in atto, per dirla in parole povere. Sotto un profilo giuridico, personalmente, avevo suggerito alle aziende che seguo, di aderire a questa proposta governativa e poi parlamentare, perché il contenzioso, per quanto sia fondato sotto certi punti di vista, presenta aspetti processuali molto complessi.  Sotto un profilo più politico che giuridico, la resistenza dei ricorrenti, ovvero la non adesione alla proposta transativa del governo, manda un messaggio molto rilevante e un segnale forte nei confronti del governo. Dal punto di vista giuridico, secondo me, noi non siamo fortissimi. E’ vero che ci sono addirittura degli aspetti di incostituzionalità nel payback, che sono stati naturalmente segnalati nei ricorsi, ma secondo l’atteggiamento dei giudici, in prima battuta, nel momento in cui hanno respinto le prime sospensive, non ci sarebbe un danno grave e irreparabile per le aziende nel restituire questi soldi, che sono stati incassati. Le prime pronunce del Tar avevano gettato un’ombra “filogovernativa”; cioè i giudici sembravano ritenere che il profitto delle singole aziende non potesse avere, nella ponderazione dei contrapposti interessi, la prevalenza rispetto alla spesa sanitaria e all’andamento economico complessivo”.

Che decisione è quella del TAR, cioè, dove vuole “arrivare” il TAR?

“La decisione della sospensiva è soprassessoria, cioè, in parole più semplici possibili: blocco i pagamenti e intanto penso come fare a decidere in merito a queste controversie. Il Tar, tra l’altro, non potrà decidere se non dopo la pronuncia della Corte Costituzionale per i profili di incostituzionalità che il payback coinvolge. Il Tar ha cercato di agevolare gli adempimenti della cosiddetta transazione mettendoli non a carico delle aziende, se non in minima parte, ma lasciandole a carico delle Regioni. Il Tar ha accettato di agevolare formalmente le imprese sollevandole da questi adempimenti e propende per aiutare le aziende, le Regioni e il ministero della sanità al fine di concludere bonariamente questa controversia. Alla luce delle pronunce della Corte Costituzionale, il principio è: io riduco con il payback il tuo profitto, anche di rapporti già consolidati nel tempo, perché prevale l’interesse pubblico della spesa sanitaria su quello “egoistico” delle singole aziende. La scelta di resistenza, quindi, è stata fatta in seguito al tentativo di soluzione transativa”.

Ci dobbiamo aspettare una pioggia di ricorsi a questo punto?

“E’ probabile. Il governo sta più o meno riscontrando l’adesione all’ipotesi transativa. Se l’adesione delle aziende sarà al 3%, 5% e 10%, cioè marginale, ci ripenserà e dilazionerà nel tempo le decisioni per la pandemia e per gli anni successivi. Con un contesto così frazionato, non è semplice fare delle previsioni. Il quadro resta ancora parecchio incerto”.