Sono circa 1.800 i ricorsi presentati al Tar dalle aziende dei dispositivi medici sull’attuazione del payback e nelle ultime settimane il Tribunale Amministrativo del Lazio ha accolto le richieste di sospensiva del provvedimento presentate da un gruppo di aziende.
E’ naturale chiedersi se la la vicenda payback sia o meno a un punto di svolta. Ne abbiamo parlato con Massimiliano Boggetti, Presidente di Confindustria Dispositivi Medici.
Il Tribunale amministrativo del Lazio ha accolto le richieste di sospensiva del provvedimento presentate da un gruppo di aziende relativamente al payback sui dispositivi medici. Come ha accolto Confindustria Dispositivi Medici la notizia?
La sospensiva del TAR rappresenta una prima importante presa di posizione e va nella logica di quanto Confindustria dispositivi medici ha sempre sostenuto, ovvero che la norma del payback è ingiusta e incostituzionale. Chiediamo pertanto ancora al Governo di spostare ulteriormente i termini di pagamento del payback a fine anno per poter trovare soluzioni efficaci di governance del settore che consentano di superare la norma e cancellarla.
Si va verso un accoglimento generale?
Il TAR del Lazio per il momento ha accolto le istanze cautelari solo di alcune aziende sia medio-piccole che di maggiori dimensioni. In particolare, le istanze di sospensiva sono relative sia al pagamento delle somme che delle eventuali compensazioni da parte delle amministrazioni sanitarie. Un’importante novità di questi giorni è costituita inoltre dal fatto che il TAR ha dato atto che il ripiano è stato richiesto solo nel 2022 nonostante esso sia per gli anni 2015-2018, aspetto che metterebbe in evidenza l’illegittimità della fissazione dei tetti di spesa in maniera retroattiva. Sono circa 1.800 i ricorsi presentati nei mesi scorsi al TAR dalle aziende dei dispositivi medici sull’attuazione del payback e immaginiamo che dopo questa decisione del Tribunale amministrativo molte imprese sceglieranno di andare avanti con i ricorsi invece di pagare entro il 31 luglio il payback, sebbene con uno sconto, come previsto dall’attuale normativa.
È la svolta che potrebbe finalmente sbloccare la situazione?
Sicuramente il pronunciamento del TAR segna un punto di svolta importante, ma solo per chi ha fatto ricorso. Ci sono molte piccole imprese che non sono ricorse al Tribunale amministrativo perché non in grado di affrontare il contenzioso e sono in difficoltà. L’unica soluzione che sblocca la situazione è la cancellazione immediata del payback per salvaguardare non solo la vita di tante imprese, ma soprattutto per garantire che ai pazienti arrivino le cure necessarie possibili solo grazie all’utilizzo dei dispositivi medici.
Com’è il dialogo con il governo?
Siamo consapevoli che il governo Meloni stia cercando di risolvere il problema del payback, ma dopo un periodo di intenso scambio i rapporti si sono interrotti. Sappiamo che all’interno del governo esiste un forte dibattito fra chi ritiene che il payback sia da cancellare subito e chi comunque vuole utilizzare le risorse delle imprese. Infatti, il governo si era impegnato a costituire un tavolo dove trovare di concerto con l’industria una governance del settore e una soluzione per il superamento dei tetti di spesa e per discutere contestualmente di come chiudere il passato sul payback. Questo tavolo è stato creato, ma non è stata ancora convocata la prima riunione, il che non ci fa sperare che la soluzione si trovi in tempi brevi. Ribadiamo che l’idea di sciogliere la questione con uno sconto, lasciando ancora in vigore il meccanismo è una via non percorribile per le nostre imprese. Significherebbe accettare una norma assurda, che aprirebbe la strada alla compartecipazione delle aziende alla spesa pubblica e che non ha precedenti nella storia del nostro Paese e di nessun altro Stato al mondo.
Quali sono i prossimi passi che farete?
In attesa di una, speriamo imminente, convocazione del tavolo del Governo, che vada verso la cancellazione del payback, Confindustria dispositivi medici è entrata a far parte di un gruppo di lavoro di esperti del settore, promosso dalla Fondazione Gutemberg. La sfida di questo gruppo è creare delle proposte di governance che siano in equilibrio tra le esigenze di innovazione che offrono la possibilità di cure più efficaci e il controllo della spesa. Le soluzioni possibili non possono che emergere dal confronto tra competenze e ruoli diversi, perché la complessità della tematica è tale e le ricadute sono così ampie, che sarebbe un errore procedere con misure singole svincolate tra loro.
Cosa si immagina il mercato futuro dei dispositivi medici?
Se il payback non verrà cancellato in tempi brevi molte imprese falliranno e i grandi gruppi globali non investiranno più nel nostro Paese. La diretta e immediata conseguenza sarebbe un generale disinvestimento nel settore, con una progressiva deindustrializzazione che porterebbe il nostro Servizio Sanitario Nazionale ad essere invaso da prodotti obsoleti, quando non di bassa qualità, in cui le quote di mercato detenute da realtà imprenditoriali qualificate verrebbero probabilmente in parte riempite da operatori che pongono meno attenzione alla qualità dei prodotti e dei propri dipendenti. Tali rischi minerebbero sia la professionalità degli operatori sanitari pubblici, medici in primis, che la qualità e la sicurezza delle cure per pazienti e cittadini. L’ulteriore, inevitabile conseguenza, sarebbe la creazione di due sanità: quella privata per chi se la può permettere, con cure e tecnologie di qualità, e quella pubblica con cure e strumenti obsoleti e scadenti per gli altri. Ciò che la pandemia ha evidenziato è che abbiamo assoluto bisogno di rafforzare le produzioni nazionali. Noi chiediamo da tempo una politica industriale per il settore che riporti in Italia le produzioni, così come i centri di ricerca e sviluppo. Questo genererebbe non solo valore economico e sociale, ma permetterebbe anche di avere a disposizione prima e meglio di altri – anche in questo campo l’eccellenza italiana è riconosciuta a livello globale – le innovazioni tecnologiche e le migliori opportunità di cura. Per questi motivi, ci auguriamo che una misura insensata come il payback venga cancellata per preservare la tenuta del nostro Servizio sanitario nazionale e di un’industria che offre soluzioni di salute e genera Pil.