Schittini, Emotec: “Per fare impresa oggi servono spalle molto robuste”

“A 18 anni sono entrato in Bellco, allora si chiamava ancora così. Nel corso degli anni mi sono appassionato al biomedicale e nell’88 ho aperto insieme a mia moglie una piccola azienda di supporto alle medie-grandi imprese per l’assemblaggio di dispositivi medici. Emotec è nata così, come tanti altri terzisti”. Francesco Schittini, fondatore della Emotec di Medolla (Mo) ci ha raccontato come è nata la sua azienda che da un paio d’anni è stata acquistata dal fondo MCP e com’è stato il passaggio da titolare a “dipendente”. Schittini ha mantenuto il ruolo di amministratore delegato dell’azienda, affiancato da Carlo Bonomi nel ruolo di presidente. “Dal 2000 – spiega Schittini- il nostro core business é il recupero di cellule staminali del cordone ombelicale. Questa è stata l’attività che ci ha fatto crescere. Oggi siamo quasi 40 persone, ci siamo strutturati, abbiamo raggiunto un buon fatturato con una marginalità che ci ha consentito di fare investimenti anno per anno, portandoci ad essere un’impresa di servizi che si identifica con il supporto alle aziende e che è anche in grado di andare di direttamente sul mercato con alcuni dispositivi”.

Una storia di crescita che vi ha fatto risultare interessanti agli occhi di una realtà importante come il fondo MCP (Mindful Capital Partners)…
Sì, noi abbiamo venduto a MCP presente in Italia come Gruppo MedTech e siamo passati sotto Sidam, già di loro proprietà, per una logica organizzativa e di scale gerarchiche. Non si esclude neppure una fusione in futuro fra le due aziende. L’obiettivo è chiaramente quello di farci crescere puntando a diventare un punto di riferimento importante nel panorama del biomedicale.

Lei è rimasto in azienda come amministratore delegato. Come ha vissuto questo cambiamento?
Mi è stato chiesto ed imposto durante l’atto di vendita di rimanere all’interno della società per due anni, più un anno facoltativo. Poi si vedrà. Non ci sono persone che sono in grado di sostituire la mia figura in questo momento e dal punto di vista operativo non è cambiato nulla perché ho un contratto da amministratore delegato con pieni poteri e facente funzione della proprietà, che ovviamente tiene monitorato l’andamento dell’azienda. Continuo a fare il mio lavoro esattamente come lo facevo prima. Ho continuato a lavorare come se l’azienda fosse mia e questo è un problema perché non mi sono ancora messo l’anima in pace (sorride, ndr). Non nascondo che è un passaggio difficile dopo 30 anni di lavoro nella propria azienda. Basti pensare che ci sono persone che lavorano con me in azienda da 25 anni e sapere che magari fra un po’ di tempo non ci si vedrà tutte le mattine fa un certo effetto ma, dal punto di vista operativo, se si ha la fortuna di trovare un’azienda come quella che ho trovato io, che ti offre la possibilità di esprimere le tue potenzialità e ti lascia lavorare, puoi portare avanti il tuo lavoro tranquillamente.

E sulla squadra di Emotec qual è stato l’impatto?
In un primo momento erano costernati e un po’ dispiaciuti. Hanno dovuto cercare di comprendere le nuove dinamiche e poi c’è stato un assestamento con la ridefinizione di alcuni ruoli. Ora sta procedendo tutto tranquillamente anche perchè credo che ci siamo comportati bene, sia io come ex proprietario che la nuova proprietà.

Qual è il valore aggiunto di questo passaggio così decisivo?
Il valore aggiunto è sicuramente quello di entrare a far parte di un gruppo importante che dispone in questo momento di quattro sale bianche, un reparto produttivo di dispositivi di confezionamento di farmaci, una serie di autorizzazioni e diversi fascicoli tecnici con prodotti di nicchia. Tutto questo ci colloca a un livello di rilievo nel panorama del Distretto Biomedicale Mirandolese e non solo, valorizzandoci anche nei confronti di clienti importanti.

Cosa consiglierebbe a un imprenditore del settore che ha in mente di fare un percorso simile?
Il fondo MCP non è sicuramente stata la prima azienda che ci ha interpellato. Noi abbiamo cercato di valutare le idee del possibile acquirente, assicurandoci che fossero in linea con la nostra filosofia aziendale. Abbiamo scelto di prediligere un’azienda seria che avesse in mente un percorso chiaro per non mettere a repentaglio i posti di lavoro dei nostri dipendenti, che volesse crescere e che non avesse intenzione di spostare l’azienda in siti dove avrebbe penalizzato le nostre maestranze.

Come ha visto cambiare il settore da quando ha avviato la sua attività?
Nel mondo dei dispositivi medici c’è stato un cambiamento enorme. Oltre ad un importante passaggio generazionale c’è stata una rivoluzione a livello di autorizzazioni, certificazioni, documentazione, gestione dell’attività in generale. E’ diventato tutto più complesso. Servono molte risorse per fare investimenti continui e avere strutture adeguate per la gestione e l’aggiornamento della documentazione correlata al mantenimento sul mercato dell’azienda stessa. Tutto questo comporta costi ingenti. Oggi è impensabile l’idea di aprire un’attività e di partecipare ad un gara in ospedale senza un supporto adeguato.

Che tipo di supporto?
Devi essere accompagnato, devi avere una società molto forte alle spalle in grado di investire nel momento del bisogno.